Lunedì 11 febbraio 2019-ore 16.30 - Si è tenuta la presentazione del libro, dell'autore
Salvo Galiano, presso la Sala delle Capriate – Biblioteca Comunale di Partinico.
Scrivo integralmente la relazione della poetessa Giovanna Fileccia che ha suscitato nell'evento non poche emozioni.
Intervento della relatrice Giovanna Fileccia:
Oggi teniamo a battesimo un libro particolare. L’autore e curatore, il professore
Salvo Galiano, si è assunto l’onere di farci conoscere Vincenzo Li Cavoli: un uomo
che egli ha ammirato e stimato sia come persona che come poeta.
Ci tengo a ringraziare Maria Grazia Motisi,
Salvo Galiano e Francesco Billeci, editore
del libro, per il loro invito.
Sono
lieta di relazionare su un testo dal quale ho appreso nozioni e tematiche.
In
questa sede porterò alla vostra attenzione alcuni aspetti interessanti affinché,
già
dall’ascolto, possiate immergervi nei Racconti e nelle Poesie del poeta Li
Cavoli.
Inizio
il mio intervento con il titolo della prefazione del prof. Adalberto Magnelli il
quale non è potuto essere presente perché vive fuori dalla Sicilia. Il titolo Da Itaca a… Terrasini a parer mio
sintetizza egregiamente l’opera che oggi presentiamo. Salvatore Galiano apre il
libro con la poesia ITACA che Costantino Kavafis dedica a Ulisse augurandogli
la gioia di vedere le molte mattine d’estate che lo porteranno verso una strada
lunga. Itaca è stata per Vincenzo Li Cavoli luogo di prigionia, eppure è anche
meta verso cui andare: metafora di vita, un andare
verso che fortifica, un affrontare le difficoltà che rendono talmente forti
dentro da sconfiggere ogni avversità. Non è questo forse lo scopo del vivere di
ognuno? La saggezza dell’esperienza è Itaca, e Salvatore con questa poesia ci
introduce nel mondo di Vincenzo Li Cavoli: quest’ultimo, nel tempo che gli è
stato concesso, ha viaggiato negli usi e nei costumi del suo paese; nei
caratteri e nelle azioni di suoi concittadini, e dal suo osservare è scaturita
poesia. Ma prima di arrivare alla parte poetica del libro intraprendiamo il
viaggio che Salvo Galiano ci narra su Vincenzo. Ce lo presenta come uomo colto
sia per gli studi umanistici, sia per la curiosità per tutto ciò che lo
circondava; padre e marito attento, uomo sensibile che apprezzava l’arte e i
libri. Salvatore conobbe Vincenzo nel 1964 e fu attratto dai suoi racconti e
dal suo animo sensibile.
Nel
leggere la parte iniziale dedicata ai racconti, ho pensato a quanto siano stati
fortunati a trovarsi i due uomini che, oltre che amici erano legati anche da un
rapporto di parentela: il signor Li Cavoli è stato il suocero di Salvo Galiano.
Non dimentichiamo che ogni rapporto interpersonale ha bisogno di dialogo, ed
ecco: Salvo è riuscito a istaurare con Vincenzo un rapporto costruttivo di
grande affinità, come se le due anime intenzionalmente artistiche si siano
ritrovate. Ora, a distanza di tanti anni
dalla scomparsa di Vincenzo, Salvatore ha sentito l’esigenza di far conoscere a
noi tutti quest’uomo e i suoi scritti.
Ma
entriamo nel vivo del libro e precisamente nel mondo poetico di Vincenzo Li
Cavoli. Intanto a una prima lettura balza agli occhi e all’udito quanto le
poesie siano musicali, descrittive e colorate.
Musicali perché insieme alla rima baciata o alternata, possiedono
un ritmo che ondeggia come l’onda marina. Egli ha vissuto buona parte della sua
vita a Favarotta, il borgo marinaio di Terrasini: il mare di fronte, il rumore
delle onde nelle orecchie e il tramonto a salutare ogni sera. Tutto questo si
avverte nelle poesie di Vincenzo. La musicalità propria del luogo si unisce alla
musicalità del verso che, sia in italiano che in dialetto, rende colorate le
strofe: colori forti, spesso senza mezze misure, senza tinte intermedie a
mitigare i suoi pensieri poetici.
E poi descrittive
ché raccontano ciò che lui vedeva nei caratteri della gente, nelle abitudini e
nei mestieri dei terrasinesi, ma anche paesaggi della Sicilia ricchi di colore.
In altre occasioni ho parlato del colore
nell’arte e nella poesia.
Tempo fa nel presentare un altro libro feci la
domanda: di che colore è la solitudine?
Qui invece chiedo: quanto il colore ha
influenzato Vincenzo Li Cavoli? Dalle sue poesie si evidenzia come egli
possedesse i colori della gioiosità; i rossi, i blu, i verdi e i gialli di un
uomo che amava stare in compagnia e godere delle piccole cose. Eppure fuoriesce
dai suoi versi un animo, oserei dire, intrappolato nel bianco del borgo
favarottaro. Forse perché abituato a stare dove le case sono per lo più bianche
e tutte uguali, ho immaginato Vincenzo desiderare di essere un gabbiano, per
sorvolare i luoghi e andare a esplorarne altri. Ma sono convinta che lui amasse
vivere in quel borgo che, tutt’oggi, si presenta mite ché tutte le case sono color
pastello.
Lo stile
delle poesie, come afferma Salvo Galiano, è semplice, ci sono poche metafore e
poche similitudini, ma c’è tanto sentimento e desiderio di tramandare.
Ne è un esempio
la poesia Quantu è beddu lu me carrettu:
una descrizione dettagliata di ogni singolo elemento del carretto siciliano che
sfocia nel ripercorrere la storia della nostra terra:
La
Sicilia, cumparuzzu Alfiu beddu,
è terra
d’incontru di tanti popolazioni;
Fenici,
Greci, Arabi e Nurmanni
misiru
pedi ‘nta sta bedda terra
puru i
Burbuna ci stettiru tant’anni
fu
sempri la Sicilia tiatru di guerra.
Nella
poesia La casa di me nanna Vincenzo
ci fa entrare in ogni angolo della casa descrivendo perfino la tuvagghia di cirnigghia e lu braceri a
furma di curuna misa a riversa, per poi però passare alla parte emozionale:
Ricordu,
la sira, li niputi in alligria
ntunnu a
lu tavulu tutti assittati
si
jucava o si cantava in armunia
e li
sirati passavanu spinsirati.
Ora
giradischi, radio e televisioni
tutti
semu ncantati comu cucchi
nta li
famigghi nun c’è cchiù unioni
e mi
pari ca semu tutti mammalucchi.
L’ultima strofa è d’amarezza nel constatare che
Appena
li picciotti fannu vintanni
si nun
su vecchi picca ci vuoli
tanti
prublemi hannu e tanti malanni
ca veni
di chianciri e lu cori ti duoli.
È
importante tramandare i ricordi e la memoria. Certo, in questi ultimi anni, la
memoria, è stata talmente utilizzata da diventare quasi invadente. Non è un paradosso
ricordare per non dimenticare e il
giorno dopo rifare gli stessi errori? Ma allora mi chiedo e vi chiedo: cosa
rappresenta per noi la memoria? Ci arricchisce? ci indebolisce? ci forma? ci
fortifica?
Lascio momentaneamente le domande in sospeso e ritorno a Vincenzo Li
Cavoli perché per lui memoria significava tradizioni da perpetuare e luoghi da
salvaguardare. Per noi tutti invece memoria
dovrebbe significare costruire, fortificare così da avere fondamenta abbastanza
solide per le generazioni del futuro.
Racconti
e Poesie tramanda la memoria e perciò ha una forte valenza storica,
culturale e sociale. Ma rappresenta anche un documento per Terrasini, paese in
cui io stessa vivo.
Salvo
Galiano ci propone 12 poesie in dialetto e 16 in italiano di Vincenzo Li Cavoli.
Egli ha aggiunto il sottotitolo: Rovistando
in un cassetto della mia scrivania e tra le poesie ne trovo una in rima
alternata dall’omonimo titolo il cui inizio recita:
Quanti
nomi affiorano alla mente,
rovistando
in un vecchio cassetto!
E quante
località, quanta gente
rimuove
emozioni nel mio petto!
C’è un parallelismo tra suocero e genero: il
rovistare, l’andare alla ricerca di ricordi e di emozioni appartiene a
entrambi.
La copertina è rossa. Il rosso è il colore che
indica forza, potenza, allarme, ma richiama anche alla passione e alla vitalità:
pensiamo al melograno il cui succo è simbolo del sangue della terra. Quindi
copertina rossa sulla quale figurano
due opere pittoriche: un quadro a olio di Salvo Galiano, e nella quarta un
acquerello di Vincenzo: in ambedue fanno capolino nuvole e alberi e seppur
diversi per stile e soggetto raccontano tradizione e paesaggio della Sicilia. Mi
sono soffermata sull’autoritratto a matita del curatore. Perché un ritratto e
non una fotografia? Forse per lasciare spazio all’immaginazione, o magari per
non essere troppo invadente in un libro che sì, ha estratto lui stesso dal
cassetto, per cui è sua creatura e sua responsabilità, ma allo stesso tempo è
come se fosse scritto a quattro mani da lui e dal suocero.
Un detto
recita “Nella vita bisogna fare tre cose:
un figlio, scrivere un libro e piantare un albero”.
Vincenzo Li Cavoli ha
messo al mondo figli di cui una è la moglie di Salvatore, probabilmente ha
piantato anche più di un albero… in quanto a pubblicare un libro, negli anni ’80
ha raccolto le sue liriche il un libretto da donare ai suoi cari, giusto per renderli
partecipi della sua arte. Per cui
ritengo che Racconti e Poesie sia un
regalo a un uomo che ha fatto tanto per il suo paese e per la sua famiglia; un
modo tenero, incisivo e generoso, affinché Vincenzo lasci la sua traccia.
La
poesia Delusione mi induce a pensare
che questo libro, voluto fortemente dal genero Salvatore Galiano, sia il riscatto
di Vincenzo Li Cavoli, persona sensibile che probabilmente non interagiva
facilmente con il prossimo. Lo deduco dalla poesia Inno al Mio paese nella quale, con sottile ironia, prende
bonariamente in giro dei cretini.
Le sue
sono poesie di disagio personale: anche in Tempi
muderni dichiara di sentirsi un pisci
fora l’acqua, ma da persona intelligente era un ottimo osservatore che
conosceva bene l’animo umano.
Ne L’umu e lu scecco c’è un veritiero
paragone tra l’uomo e l’asino: l’uomo come l’asino quando si arrabbia tira
calci e quindi gli si deve stare lontano, c’è una ironia dal sapore un po’
amaro. Recitata da FRANCESCO FERRANTE.
La
poesia L’aneddoto ha il sapore di un cuntu, una favola che vede protagonisti
mastru Puddu e un surci.
Poesie
semplici nell’esposizione e senza troppi giri di parole, scritte in modo
diretto; poesie chiare che denotano la frizzante intelligenza dell’autore Vincenzo.
Egli con una gaia leggerezza e un'ironia più o meno amara, più o meno velata,
riesce a denunciare alcune situazioni, che sicuramente in quel periodo erano
attuali, ma che, in verità, sono attuali ancora oggi.
Per
esempio la poesia Pulitici e gnuranza
la trovo attuale e, anche qui troviamo
dell’ironia. Recitata da FRANCESCO BILLECI.
E poi ci sono le poesie in italiano:
Ei fu…1 racconta il percorso di
lui ferroviere che passa le fasi della vita e si ritrova anziano con l’unico
dente traballante. Recitata da Dario Tindaro Veca
Ne Incertezza e speranza, con un ritmo serrato
dai versi brevi in rima baciata ripercorre i giorni spensierati che col tempo
diventano pesanti fino a sperare che Dio blocchi la mano al Titano del male.
Pensieri a spasso è una
poesia in cui Vincenzo prende in giro se stesso e la sua morte. Sembra un
distico, cioè poesia composta da strofe di due versi in rima baciata, ma
guardando bene in ogni verso vi è una doppia rima a formare la quartina.
Il sogno è una poesia erotica dedicata
alla moglie.
Ne Il fumo e la vita emerge la malinconia. Recitata da: SALVO GALIANO
Le immagini
che Salvo Galiano ha inserito raccontano la vita di Vincenzo.
A me piace
concludere il mio intervento con la fotografia in cui Salvatore abbraccia il
suocero. Traspare gioiosità, affetto e complicità; si percepisce il trasporto affettivo
tra i due. Quindi voglio pensare che quest’uomo, Vincenzo, che non si sentiva
in linea con i suoi compaesani, possa avere trovato nel genero una persona
simile a lui.
E finisco con un pensiero: Salvo oggi è talmente vicino a
Vincenzo da diventare, in un certo qual modo, il suo alter-ego. A me rimane
vivida l’immagine di loro due seduti all’ombra di un albero, che sorseggiano un
bicchierino di Sambuca e chiacchierano amabilmente di arte e di poesia, e tra
un sorso e l’altro disquisire sull’importanza di tramandare i ricordi, le
memorie, le tradizioni e anche i proverbi.
E a
tutti noi un augurio: che l’arte ci sia di conforto ché il bello ci attornia.
Basta alzare gli occhi e guardare le meraviglie che ci abbracciano: pura
poesia!
Grazie
Lì,
Terrasini 31 gennaio 2019
Giovanna
Fileccia